Ma perché ti piace tanto la “Messa in latino”?

Riprendiamo l’edificante articolo di don Alfredo Morselli apparso ieri 8 luglio su Messa in Latino, in occasione del X Anniversario del Motu Proprio Summorum Pontificum

 

«Don, ma perché ti piace tanto la “Messa in latino”?»

In trentuno anni di sacerdozio, molte volte mi hanno fatto questa domanda, guardandomi o male (Vescovi e confratelli), o incuriositi, o scuotendo la testa in stile Dionigi Areopagita (Passi per la resurrezione dai morti, ma sulla Messa in latino ti ascolteremo un’altra volta) e, qualche rara volta, anche con sentimenti devoti.

A dieci anni dal Summorum Pontificum mi rifaccio io questa domanda e soprattutto mi chiedo se è valsa la pena subire batoste, incomprensioni, ingiustizie, rimanere emarginati, per quel sacrosanto Introibo ad altare Dei.

Non ho dubbi! È valsa la pena, lo scriverei con il sangue…

«Ma Don, dicci i motivi… non è forse cattolico anche il Novus Ordo?»

Di motivi per preferire l’antico rito al nuovo ce ne sono tanti… Sempre valido è il Breve esame critico del Novus Ordo Missae presentato al Papa dai Cardinali Ottaviani e Bacci.

Meravigliose poi sono le pagine di Tito Casini, a partire da La tunica stracciata, che descrivono il dramma di una riforma liturgica realizzatasi più contro gli stessi testi conciliari che raccogliendone i suggerimenti.

Ma, almeno per quanto mi riguarda, mi basta UN argomento per preferire la S. Messa di sempre: tre paroline scritte in rosso in una rubrica: il sacerdote, pronunciate le parole della consacrazione, statim genuflexus adorat.

E questa rubrica, questo statim, questo súbito, questo immediatanmente, rifulge in tutto il suo cattolico splendore di fronte a un misero post, un povero dopo, un terribile dire a Dio aspetta un momento. Nel Novus Ordo il celebrante genuflette soltanto dopo l’elevazione dell’ostia, e dopo l’elevazione del calice

“Celebrans genuflectit tantum… post elevationem hostiae et post elevationem calici” (Instr. Tres abhinc annos III, 7 EV II, 1155; 4-5-1967).

Ecco la sola ragione che mi basta per preferire l’antico rito al nuovo:

statim vs post – súbito vs dopo

Qui sta tutta la differenza di due modi di concepire la liturgia. In un articolo di sette anni fa scrissi della bellezza di questo statim, da un punto di vista – diciamo – devozionale.Ma, ogni giorno che passa, trovo sempre nuove ragioni per questa génuflexion d’abord: in primo luogo perché questa genuflessione incondizionata all’Amore incondizionatosostanzialmente presente nell’Eucarestia mette in chiaro chi è il Protagonista: Gesù veramente realmente e sostanzialmente presente, e non l’assemblea.Inoltre, in questo stesso statim, si coglie la piena proclamazione del dogma della transustanziazione.

San Tommaso spiega:

“E per questi tre motivi la conversione di cui parliamo [la transustanziazione] è istantanea. Primo, perché la sostanza del corpo di Cristo, alla quale termina questa conversione, non ammette un più e un meno. – Secondo, perché in questa conversione non c’è un soggetto da preparare gradualmente. – Terzo, perché viene compiuta dall’infinita virtù di Dio” (S. Th. IIIª q. 75 a. 7 co).

Se la transustanziazione non si realizzasse istantaneamente, non sarebbe più transustanziazione, ma avremmo la teoria luterana della duplice sostanza presente nell’ostia, che San Tommaso confuta ante litteram:

“…l’opinione suddetta contraddice alla forma di questo sacramento, nella quale si afferma: “Questo (hoc) è il mio corpo”. Ciò non sarebbe vero se vi rimanesse la sostanza del pane: perché la sostanza del pane non è affatto il corpo di Cristo. Ma si dovrebbe dire: “Qui c’è il mio corpo”” (S. Th. IIIª q. 75 a. 2 co).

e quindi…

“Evidentemente non si può dire che la sostanza del pane e del vino […] abbandoni le specie gradualmente. Perché se ciò incominciasse a verificarsi nell’ultimo istante della consacrazione, insieme al corpo di Cristo sotto una parte dell’ostia ci sarebbe la sostanza del pane, contro quello che abbiamo dimostrato sopra” (S. Th. IIIª q. 75 a. 3 co).

Allora mi chiedo: “Se Gesù c’è subito, perché devo genuflettere dopo?”

Forse perché il demonio sa benissimo che il dogma della Transustanziazione è un edificio bene compaginato, e che basta attaccare un punto solo per poi minare il tutto?

Carissimi Bugnini e Lercaro buonanime (almeno spero), non importunatemi nel momento più importante della S. Messa. Grazie, Benedetto XVI, per avermi lasciato nuovamente adorare subito quel Dio che c’è subito, e così nutrire ogni giorno la mia pur povera fede nella Presenza reale.

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