Il pellegrinaggio di Chartres 2023: un evento storico

Riprendiamo con piacere dal blog Messa in Latino (MiL) – che ringraziamo – questo post dedicato al pellegrinaggio Parigi-Chartres dei giorni 27/29 maggio: anche secondo noi (il 29 eravamo lì!) sono state davvero giornate storiche.

Di ritorno da Chartres: qualche riflessione

A ormai quasi dieci giorni dalla conclusione del pellegrinaggio di Notre Dame de Chrétienté, mi sento di tentarne un primo, elementare bilancio. Lo faccio forte della mia esperienza di “inviato speciale” di MiL a Chartres: ho partecipato, grazie alla squisita ospitalità degli organizzatori, alla Messa del 29 maggio, e posso assicurarvi che assaporare dal vivo il clima che si respirava nella magnifica cattedrale gotica, e tutt’intorno, sin dall’arrivo dei primi pellegrini, mi ha dato un’emozione indescrivibile. Il sole splendente e il cielo azzurrissimo rappresentavano quasi materialmente che cosa potrebbe essere – anzi: che cosa sarà – la vera nuova primavera della Chiesa.
Fatta questa inderogabile considerazione, e pur consapevole che le cose da dire sarebbero tantissime, provo a proporvi qualche sommessa riflessione (col corredo di alcune foto, di cui ringrazio l’amico Ivo Musajo Somma, sperando che possano evocare l’atmosfera della giornata).
l’arrivo dei primi pellegrini
Prima riflessione: sembra davvero che questo pellegrinaggio 2023 meriti l’appellativo di storico (come ipotizzato qui). Non solo, per la prima volta in quarant’anni, l’organizzazione ha dovuto chiudere anticipatamente le iscrizioni, com’è noto; ma, sempre per la prima volta in quarant’anni, i media francesi – inclusi quelli laici, per non dire laicisti – hanno dato puntuale ed ampio riscontro a quanto avveniva nei cento chilometri che uniscono Parigi a Chartres, parlandone in termini obiettivi, spesso benevoli, talora addirittura ammirati (per un rapido approfondimento, ved. qui e, in francese, qui): cioè come di un evento che può suscitare qualunque commento, ma non l’ironia e il dileggio sinora riservati ai tradì. D’altra parte, presentare come vecchi parrucconi 16.000 pellegrini, età media 20-21 anni, sarebbe stato realmente impossibile.
il corteo dei pellegrini entra in Cattedrale
A rendere storico il pellegrinaggio di quest’anno, però, c’è ben di più. Infatti – seconda riflessione – esso è stato il primo successivo all’implementazione di Traditionis Custodes mediante il cosiddetto Rescritto Roche, e all’applicazione che gli è stata variamente data. È proprio in tale contesto che il pellegrinaggio – per dirla all’italiana – ha fatto il botto. Anche tale dato, che molti troverebbero sorprendente, suggerisce plurime spiegazioni. Premesso che esso conferma la regola aurea per cui la persecuzione, alla fine, rafforza i perseguitati (e, sempre a lungo termine, indebolisce i persecutori), ciò che oggi appare evidente è che la galassia tradizionale, ad onta di ogni pur reale differenziazione interna, costituisce ormai una realtà sia spiritualmente, sia sociologicamente più che consolidata. Benché sia ancora minoritaria, è una minoranza di fedeli ben consapevoli di sé, a fronte di una maggioranza sostanzialmente dimentica della propria identità: dunque una minoranza che può essere decisiva, e che, a tutto concedere, non si può più liquidare come se si trattasse di una realtà insignificante e dispersa; né come un corpo sostanzialmente estraneo alla Chiesa. Della quale – nonostante tutto – la comunità tradizionale si sente parte, e parte costitutiva, in grado di opporre una pacifica quanto concreta ed efficace resistenza agli evidenti tentativi di espulsione di cui oggi è fatta bersaglio. Essa, poi, esercita una reale capacità attrattiva anche oltre il suo naturale “bacino d’utenza”: quest’anno, una quota importante di pellegrini ha incontrato per la prima volta la liturgia tradizionale proprio partecipando al pellegrinaggio. Come ha giustamente sottolineato Jeanne Smits, la comunità tradizionale è diventata anche una comunità missionaria, specificamente orientata alla rievangelizzazione dei tanti che hanno sostanzialmente dismesso la propria identità cattolica.
il Capitolo italiano entra in Cattedrale
Terza riflessione: il grande successo del pellegrinaggio si colloca (come non dire provvidenzialmente?) in quasi esatta coincidenza con il riemergere di una opposizione netta alla liturgia tradizionale da parte dei vertici istituzionali della Chiesa. Sono recenti le tristemente note dichiarazioni del Card. Roche sul cambio teologico sottostante alla riforma liturgica, con il chiaro rifiuto della liturgia anteriore; o del Card. Cantalamessa, che in uno dei suoi quaresimali di quest’anno ha ripetuto l’assioma per cui la liturgia riformata sarebbe fedele a quella dei primi tre secoli, poi corrotta dalla clericalizzazione (una stantia proiezione sul piano liturgico del mantra iperideologico della Chiesa costantiniana). D’altronde, da un po’ di tempo a questa parte si va dicendo che la comunità tradizionale è divisiva e rifiuta le magnifiche sorti e progressive del rinnovamento conciliare: è il nuovo mantra dell’indietrismo.
l’ingresso della reliquia di S. Tommaso
A chi ha i capelli abbastanza bianchi per ricordare i formidabili anni settanta, sembra di esservi ripiombato. Ma non è questo il punto. Il punto è che un evento come il pellegrinaggio di Chartres del 2023 ha plasticamente mostrato come i vertici della Chiesa siano ormai tragicamente disconessi dalla realtà e prigionieri della più asfittica autoreferenzialità (della quale infondatamente accusano chi non la pensi come loro…).
l’ingresso di Mons. Thomas Edward Gullickson,
che ha celebrato il pontificale e tenuto l’omelia
Questa disconessione, questa insistita autoreferenzialità, si collocano innanzitutto sul piano, diciamo così, culturale: dichiarazioni come quelle del Card. Cantalamessa – che cito a mero titolo d’esempio – dimostrano di ignorare oltre cinquant’anni di studi archeologici, storici, linguistici, e di analisi critica delle stesse fonti liturgiche, in virtù dei quali certe granitiche certezze sulla corrispondenza tra la nuova liturgia e quella delle origini cristiane si sono se non ormai totalmente sgretolate, quantomeno grandemente incrinate, derubricandosi – nella migliore delle ipotesi – a teorie discutibili e discusse (per avere riprova di quanto dico, si legga questo interessante studio del prof. Stefan Heid, Rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, liberamente reperibile in rete).
Mons. Gullickson tiene l’omelia
Sul piano teologico, poi, la sorda autosufficienza dell’impostazione che potremmo definire anti-tradizionale, e la conseguente unilateralità delle sue conclusioni, appaiono evidentissime: basti dire che esse trascurano programmaticamente il pensiero ratzingeriano, che pure ha aperto alla teologia liturgica orizzonti di grande respiro, ispirando le nuove generazioni in termini molto più solidi di quanto non abbiano saputo fare gli eredi (o i sopravvissuti) del liturgismo anni ’60-’70. Il cui autocompiacimento intellettuale, purtroppo, suscita tuttora la presunzione di poter reinventare la liturgia, e finisce inevitabilmente per tradursi in posizioni eterodosse (in proposito, si veda qui l’approfondimento di José Antonio Ureta).
l’offertorio
Ma è a livello pastorale e spirituale che la disconnessione dalla realtà e l’autoreferenzialità dei vertici ecclesiali si manifestano in termini davvero drammatici. Quando sono state avviate consultazioni tra tutti i Vescovi circa la liturgia tradizionale dopo il Summorum Pontificum, se ne sono letti i risultati ad usum Delphini, cioè per confermare una conclusione prestabilita, aprioristicamente negativa, trascurandone la ben diversa reale portata (rigorosamente secretata, ma meritoriamente divulgata già nel 2021 da Diane Montagna: ved. qui, qui e qui); si è, poi, lanciata una grande consultazione presinodale dei fedeli, dalla quale, però, i tradizionalisti sono stati scrupolosamente esclusi; soprattutto, non si è compreso nulla di nulla della vera essenza della rinascita tradizionale in corso ormai da anni, trattandola – e liquidandola – come un fenomeno politico, come il tentativo di rivalsa dei (cattivi) conservatori sui (buoni) progressisti, anziché per quello che essa è davvero: una vera e sincera manifestazione di autentico risveglio religioso, di amore incondizionato per la Chiesa, di profondo desiderio di condivisione della fede con i cattolici di ieri, di oggi e di domani.
l’elevazione del Calice
Non stupisce, dunque, che il 30 maggio scorso, parlando del pellegrinaggio di Chartres alla trasmissione Les Vraies Voix (un programma della francese Radio Sud: si veda qui, a partire da 59’28”), Max Guazzini, una famosa personalità italofrancese totalmente estranea al dibattito intraecclesiale, e, così, totalmente priva di precondizionamenti di sorta, abbia potuto dire (la traduzione è nostra): «è bello vedere un altro tipo di gioventù, che prega, che marcia, che non crea problemi, che forse preferisce la Tradizione, che ama la Tradizione, che ama di più la Messa latina, per la maggior parte, e sto ammirando questo incredibile movimento, e così, quest’anno in realtà ne stiamo parlando, ma è in corso da diversi anni, e sono sempre sorpreso: nessuno parla del pellegrinaggio di Chartres! (…) Ed è una cosa meravigliosa, è una rinascita gradita, anche se, paradossalmente, Papa Francesco è contro le persone che amano la Messa in latino; c’è da chiedersi perché, visto che oggi sono così poche le persone che vanno a Messa! Non diamo fastidio – per usare un eufemismo – a chi frequenta la chiesa ed è attaccato a Roma! Non capisco proprio! Benedetto XVI ha autorizzato il ritorno alla Tradizione, ma lui è contrario! Ebbene, vediamo che i giovani che non hanno vissuto i tempi della Messa in latino preferiscono andare a sentire una Messa in latino. Ascoltate: lasciamo la gente libera! Ci sono Messe di rito orientale che sono cattoliche, e questo non è un problema».
il corteo di uscita al termine del Pontificale – I
Ecco, dunque, perché il pellegrinaggio Parigi-Chartres potrà felicemente passare alla storia: non perché possa produrre qualche risultato immediato (Traditionis Custodes non verrà abrogata domani, le Messe soppresse non verranno ripristinate posdomani…), ma perché dal 27 al 29 maggio 2023 sedicimila giovani entusiasti, semplicemente marciando verso una cattedrale, hanno mostrato a tutti la distanza siderale che separa la realtà viva della Chiesa dalla stizzita e frustrante rappresentazione ideologica che se ne dà nelle stanze del potere ecclesiale; che non c’è divieto, proibizione, restrizione, censura, men che meno persecuzione, che possa soffocare questo fecondo seme di un futuro spiritualmente rigoglioso; che è ora di dissipare la nebbia di depressa rassegnazione che grava da troppo tempo sui buoni cattolici; che la strada della rinascita c’è, è segnata, e bisogna solo affrontare con coraggio la fatica di percorrerla; insomma, che si può fondatamente sperare che la notte sia prossima a finire e l’alba sia vicina.
ER
il corteo di uscita al termine del Pontificale – II

 

This entry was posted in Senza categoria. Bookmark the permalink.

Warning: count(): Parameter must be an array or an object that implements Countable in /home/mhd-01/www.summorumpontificum.org/htdocs/wp-includes/class-wp-comment-query.php on line 399

Comments are closed.